Fagnano Olona è datato 1045. Si tratta di una pergamena nella quale l’Imperatore Enrico III conferma il possesso di alcuni fondi in Fagiani al monastero milanese di San Dionigi.
Tuttavia, le origini di Fagnano Olona sono riconducibili all’età romana, come testimoniano alcuni reperti ritrovati nel territorio comunale e lo stesso toponimo, evoluzione dell’aggettivo latino Fannianus, relativo al nome gentilizio Fannius.
Durante il Medioevo la storia di Fagnano fu strettamente legata alle vicende del Feudo e della Pieve di Olgiate Olona, entrambi parti del Comitato del Seprio con capitale Castelseprio.
Fagnano svolgeva un ruolo di fondamentale importanza, i quanto aveva funzioni di controllo del fiume Olona e della strada che univa Castelseprio e Milano.
Tale strategica posizione del suo castello, lo rese spesso oggetto di contese nelle numerose lotte tra le varie famiglie della zona. In particolare, furono molto cruente quelle interessarono i Della Torre e i Visconti (XIII secolo).
Nel 1287 il territorio del Seprio passò definitivamente in mano ai Visconti. Fagnano venne divisa in due parti tra i due rami della famiglia Visconti: al primo, quello legato a Giovanni Visconti, spettò i castello, mentre al secondo, che andò in eredità ai discendenti di Azzo Visconti e che formarono il ramo dei Visconti di Jerago, spettò il Castellazzo, un fortilizio di origine più antica rispetto il castello.
Verso la metà del Quattrocento, il maniero di Fagnano venne trasformato in residenza signorile.
L’inasprirsi della controversia tra gli spagnoli e i francesi nel Cinquecento, riportò il castello al suo antico ruolo difensivo. Le cronache del tempo riportano memorie di attacchi ed assedi da parte dei ducali spagnoli che danneggiarono gravemente parte della struttura.
Nel 1551 l’Imperatore Carlo V conferì il titolo di conte di Fagnano a Vitaliano Visconti Borromeo. Verso la fine del secolo il Castello Visconteo venne ristrutturato.
Il feudo venne abolito il 24 maggio 1798.
Il Castello Visconteo, dopo alcuni passaggi di proprietà, è oggi di proprietà dell’Amministrazione Comunale.
Stemma del Comune di Fagnano Olona
Descrizione Araldica dello Stemma:
Partito dal filetto di azzurro; nel primo, di argento, al biscione visconteo di azzurro, ingollante il putto di carnagione, capelluto di nero, con le braccia aperte; nel secondo, di argento, alla croce di rosso.
Sotto lo scudo è posta la lista bifida svolazzante di azzurro col motto in lettere d’oro: “A Bon Fin” simbolo della Pro Loco cittadina.
Blasonatura del Gonfalone
Drappo di azzurro caricato dello stemma con la iscrizione centrata: Comune di Fagnano Olona
Origine dello Stemma Visconteo
L’emblema del casato dei Visconti è costituito da uno scudo all’interno del quale un biscione è rappresentato con sette spire mentre tiene tra le fauci un essere umano. L’impresa che diede origine a tale immagine non è accertata e numerose sono le leggende che ne giustificano e spiegano il significato.
Numerose sono le leggende intorno al “biscione che divora la figura umana”, stemma del casato dei Visconti.
Alcuni storici ritengono che il simbolo faccia riferimento al serpente bronzeo di Mosè, conservato nella Basilica di S. Ambrogio, e che i Visconti lo avrebbero adottato come proprio stemma dopo essere divenuti signori di Milano.
Una delle leggende più note, riferita anche da Galvano Fiamma e Bonvesin De La Riva, racconta invece che un antenato dei Visconti, tale Ottone, avrebbe partecipato all’assedio di Gerusalemme durante la prima crociata nel 1099. In questa occasione Ottone avrebbe combattuto contro un valoroso saraceno di nome Voluce, che sul suo scudo portava l’emblema di un serpente che divorava un essere umano. Avendolo sconfitto, il Visconti si sarebbe appropriato dello scudo del nemico e, per celebrare la vittoria, avrebbe adottato il biscione come simbolo della famiglia. L’episodio è citato anche da Torquato Tasso ne La Gerusalemme liberata (Libro I, LV):
O’l forte Otton, che conquistò lo scudo,
in cui dall’angue esce il bambino ignudo.
Un’altra leggenda molto suggestiva, narra le gesta di Uberto Visconti che avrebbe ucciso il drago Tarantasio che infestava il Lago Gerundo, che si estendeva dalle porte di Milano all’attuale Cremasco. Il drago distruggeva le barche, spargeva un fiato pestilenziale e minacciava la stessa città facendo strage di esseri umani.
Ma chi era questo drago? “Una creatura serpentiforme, la testa enorme con grandi corna e coda e zampe palmate, sputava fuoco dalla bocca e fumo dal naso, come un drago, nuotava nelle acque del Gerundo, si nutriva soprattutto di carne di bambini e di uomini e appena vedeva una barca vi si gettava contro fracassandola. Il suo stesso fiato provocava pestilenze e faceva morire le donne di febbri”. Così descriveva il Tarantasio, il monaco Sabbio nel 1.110 d.C.
Il monaco ci da una descrizione del mostro, nelle sue memorie manoscritte della città di Lodi, e la descrizione è quella classica di un drago serpentiforme, con la testa enorme e grandi corna, con coda e zampe palmate, che sputava fuoco dalla bocca e dal naso, dall’alito fetido che provocava strane malattie.
Il Lago Gerundo alle porte di Milano
In un mito ormai perso nella notte dei tempi si narrava che verso l’anno 1100 d.C a Milano esisteva un vasto lago con all’interno una creatura spaventosa, molto simile a un drago. Il suo nome era Tarantasio e il lago Gerundo (detto anche Geroso). Il lago era uno specchio d’acqua salmastra e occupava una superficie piuttosto estesa in quella che una volta era una zona paludosa e non abitata.